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Brevi riflessioni sull’applicazione dei principi di diritto internazionale nella crisi Russia-Ucrain

Piero De Rosa

Gli eventi politici a livello internazionale – soprattutto quelli più drammatici – portano a interrogarci sul ruolo del diritto internazionale e sulla sua efficacia nel mantenimento della pace e della sicurezza nei rapporti tra gli Stati.

A riguardo, le operazioni militari della Russia in territorio ucraino appartengono esattamente al novero degli eventi che rimettono in discussione l’autorità delle norme internazionali, minando la fiducia collettiva nei principi fondamentali su cui si poggia l’intero sistema. Le norme di diritto internazionale, infatti, regolano le misure che possono essere adottate in risposta alle sue violazioni ed è proprio l’osservanza di principi generali e indiscussi che impediscono conseguenze ancora più gravi.

Il presente contributo, pertanto, intende esaminare l’aggressione della Russia all’Ucraina alla luce dei principi di diritto internazionale individuando, sotto la loro lente di ingrandimento, le questioni poste dall’evoluzione della crisi tra i due Stati.


L’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022, ha segnato una brusca escalation della contesa tra i due Paesi, già in corso dal 2014[1].

L’intervento armato è stato preceduto da un prolungato ammassamento di circa 130.000 militari russi sul confine con l’Ucraina e la Bielorussia, iniziato nella primavera del 2021, e motivato dal presidente russo Vladimir Putin sulla base del timore dell’adesione dell’Ucraina alla NATO[2].

Prima dell’invasione, la Russia ha riconosciuto l’indipendenza delle autoproclamate Repubblica Popolare di Doneck e della Repubblica Popolare di Lugansk (Donetsk People’s Republic e Luhansk People’ Republic), nella regione del Donbass, all’interno dei confini ucraini, e, in violazione del Memorandum di Budapest (1994) sulle garanzie di sicurezza dell’Ucraina, vi ha inviato le proprie forze armate per presidiarne il territorio, anche attraverso l’uso della forza militare fuori confine[3].

In questa sede, volendo prescindere, tuttavia, da una analisi dettagliata degli antefatti che hanno portato allo scoppio del recente conflitto, il presente contributo intende concentrarsi sull’applicazione delle regole del diritto (di solito trascurate) al fine di valutare la questione secondo i parametri dettati dal diritto internazionale e dalla Carta delle Nazioni Unite.

Le odierne vicende dell’Ucraina, infatti, costituiscono un importante case study per verificare la coerenza delle regole di diritto internazionale e la loro tenuta a livello internazionale.

In primo luogo, e in una prima approssimazione, si deve chiarire come il diritto internazionale può essere definito come il diritto (o ordinamento) della “comunità degli Stati” che si forma al di sopra di essi e che scaturisce dalla cooperazione con gli altri Stati. Ne consegue che le norme di diritto internazionale regolano i “rapporti fra gli Stati” e, indirizzandosi nei loro confronti, creano una serie di diritti e obblighi per questi ultimi.

Volendo, dunque, definire il diritto internazionale come diritto della “comunità degli Stati”, va però sottolineato che le organizzazioni statali sono prese in considerazione in quanto esercitano il proprio potere effettivamente su una comunità territoriale ben definita.

Tale requisito è perciò essenziale: i Governi che non governano non hanno da gestire interessi di rilievo sul piano internazionale.

Una volta chiarito che una organizzazione di governo diviene automaticamente soggetto quando esercita in modo effettivo ed indipendente il proprio potere su di una comunità territoriale, resta anche risolto il problema (assai dibattuto) della soggettività del Governo (o del partito) insurrezionale. Gli insorti, in quanto tali, non sono certo soggetti di diritto internazionale, ma solo dei sudditi ribelli nei confronti dei quali il Governo (c.d. “legittimo”) può prendere i provvedimenti che considera più opportuni[4].

Alla luce di tale teoria, le istanze secessioniste della regione del Donbass risultano mancare di una reale effettività[5], sopravvivendo solamente grazie al sostegno politico e militare russo[6].

Il governo ucraino risulta così legittimato a impedire la secessione e può fare affidamento sul sostegno militare dell’occidente mediante la fornitura di armi.

La proclamata indipendenza delle due provincie si pone allora assai problematica secondo la dottrina classica riecheggiante le concezioni di teoria generale di diritto privato: l’animus possidendi da parte dello Stato sui propri territori è affermazione stessa del diritto di esercitare in maniera esclusiva e indisturbata il potere di governo.

Quanto sopra è strettamente collegato alla prima, e fondamentale, norma consuetudinaria in tema di delimitazione del potere di governo dello Stato che è quella sulla sovranità territoriale, concepita come una sorta di diritto di proprietà dello Stato avente per oggetto il territorio[7].

Come è stato osservato in dottrina è applicabile il principio secondo cui “quisquis in territorio meo est, meus subditus est”, a ribadire la riduzione del cittadino in suddito e il potere dello Stato sulle persone e sulle cose quale manifestazione del potere sovrano sul territorio[8].

Si può dire, dunque, che la norma attribuisce il potere di governo sulla sua comunità territoriale, cioè sugli individui e sui loro beni, che si trovano nell’ambito del territorio.

Correlativamente, ogni Stato ha l’obbligo di non esercitare in territorio altrui (e senza il consenso del Governo locale) il proprio potere di governo, ossia di non svolgervi con i propri organi azioni di natura coercitiva o, comunque, suscettibili di essere attuate con la forza[9].

L’aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina ha innescato un conflitto armato internazionale tra i due Stati a cui si applicano le norme del diritto internazionale umanitario contenute nelle Convenzioni di Ginevra[10] e nel Protocollo Aggiuntivo I[11], il cui scopo è limitare la violenza a quanto necessario, distinguendo tra popolazione civile e combattenti e dirigendo le operazioni militari soltanto contro gli obiettivi militari e mai contro i civili.

Ancora, nonostante i tentativi di limitare la portata del principio di effettività e di disconoscere l’espansione territoriale che sia frutto di violenza o di gravi violazioni di norme internazionali (come nel caso di specie), la prassi sembra ancora oggi sostanzialmente orientata nel senso che un effettivo e consolidato esercizio del potere di governo su di un territorio, anche conquistato, comporti l’acquisto della sovranità territoriale[12].

I principi fondamentali che devono richiamarsi sono riconducibili alla norma consuetudinaria del rispetto della “sovranità territoriale” di uno Stato, in questo caso dell’Ucraina, soggetto autonomo e distinto di diritto internazionale, riconosciuto nella sua piena integrità territoriale e dei confini dalle Nazioni Unite, dalle altre principali organizzazioni internazionali e dalla comunità degli Stati.

Le giustificazioni delle “rivendicazioni storiche” avanzate dalla Russia e le narrazioni su una presunta difesa delle minoranze di etnia russa non possono giustificare un legittimo “casus belli” secondo il principio di “autodeterminazione dei popoli” dal momento che, detto principio, legittima soltanto le cd. “guerre di liberazione nazionali” ed è ammesso solo in determinate circostanze, vale a dire quando risulta, con tutta evidenza, che i popoli sono costretti a lottare “contro la dominazione coloniale e l’occupazione straniera e contro regimi razzisti”[13].

Ne consegue che, argomentando dalla prassi delle Nazioni Unite, oltre all’obbligo (oggi abbastanza teorico) di restituzione, gravante sullo Stato che ha commesso l’aggressione o che detenga il territorio in dispregio delle regole di diritto internazionale richiamate, su tutti gli altri Stati appartenenti alla comunità internazionale grava l’obbligo di negare gli effetti extraterritoriali agli atti di governo illegittimi emanati in quel territorio e sempre che l’acquisto sia contestato dalla maggioranza dei membri della comunità.

Nell’attuale conflitto tra Russia e Ucraina, spetta allora alla politica e alla diplomazia individuare la soluzione adatta per risolvere la crisi e individuare i compromessi necessari, senza esacerbare ulteriormente la crisi.

Non è un caso che proprio il giorno prima la Russia passasse all’occupazione della regione del Donbass, la stessa Cina, che pure si era manifestata vicina alle iniziali posizioni della Russia sulla crisi dell’Ucraina, è intervenuta alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco con una dichiarazione del Ministero degli Esteri Wang Yi sottolineando come “la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale vanno sempre garantite: L’Ucraina non è un’eccezione”[14].

Tuttavia, una reale volontà per la risoluzione del conflitto implica che le parti siano disposte a realizzare tutti i compromessi necessari: oltre agli incontri a livello bilaterale e multilaterale, è necessario pensare ad un compromesso negoziale tra i due Stati che non vada a scapito del rispetto delle regole del diritto internazionale.

In proposito, il maggior ostacolo è costituito da una piena restaurazione della sovranità ucraina che dovrà necessariamente cedere su alcuni punti nei negoziati con gli ambasciatori russi.

È lecito dubitare che questa possa estendersi alla restituzione della Crimea, la cui annessione viene ormai considerata un fatto compiuto nonostante la politica di non riconoscimento.

Tuttavia, le condanne della comunità internazionale dell’aggressione della Russia, il supporto prestato all’Ucraina e l’adozione di severe sanzioni economiche e commerciali contro la Russia stanno dimostrando la cogenza delle norme su cui riposa la garanzia della pace e della sicurezza globali.


Bibliografia:

L. Baccelli, Cittadinanza e appartenenza, in D. Zolo (a cura di), La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, Laterza, Roma-Bari 1994.

J. Bendix, Cittadinanza, ad vocem, in Enciclopedia delle scienze sociali, I, Roma, 1991.

M. Manetti, I, Territorio dello Stato, in Enciclopedia giuridica, Roma, 1994.

D. Donati, Stato e territorio, Roma, 1924

N. Ronzitti, La crisi ucraina e le regole del diritto, https://www.affarinternazionali.it/crisi-ucraina-russia-diritto-internazionale/




Note: [1] La crisi russo-ucraina è incentrata principalmente sullo status della Crimea, della Regione del Donbass e sulla possibile adesione dell’Ucraina alla NATO. Dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica, Kiev ha iniziato un progressivo avvicinamento con l’Europa occidentale e gli Stati Uniti e ad un allontanamento dalla Russia che ha rappresentato un vero e proprio punto di rottura dal momento che la Russia considera l’Ucraina come parte naturale della sua sfera di influenza. Con l’adesione di molte ex repubbliche sovietiche all’Unione Europea e alla NATO – come Estonia, Lettonia e Lituania – Mosca teme che l’Ucraina possa segnare la fine dell’influenza russa nell’area. [2] L’obiettivo delle manovre militari, secondo la nota del Ministero della Difesa di Mosca, consisteva in una serie di esercitazioni “per scongiurare e respingere l’aggressione esterna attraverso un’operazione difensiva” e anche “combattere il terrorismo e difendere gli interessi dello Stato dell’Unione”. [3] L’invasione russa dell’Ucraina costituisce un atto di aggressione, commesso in violazione del divieto di uso della forza sancito dall’articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite. Il Presidente Putin, nel discorso con cui ha annunciato l’invasione, ha provato a fornire una veste giuridica alle operazioni militari appellandosi al diritto di legittima difesa come necessità di agire preventivamente per anticipare l’aggressione che il governo ucraino, entrando nella NATO, starebbe “preparando” per attentare in futuro all’esistenza dello Stato russo. Cfr. http://en.kremlin.ru/events/president/news/67843 [4] Il riferimento è al riconoscimento unilaterale delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk e all’intervento militare dissimulato della Russia sotto forma di peacekeeping. [5] Intesa quale effettivo esercizio del potere di governo che fa sorgere il diritto. [6] Anche se il diritto internazionale riconosce la legittima difesa collettiva, cioè la possibilità di intervenire in soccorso di un altro Stato vittima di un attacco armato, ciò non può applicarsi alle repubbliche di Donetsk e Lugansk che non sono propriamente Stati (a dispetto del prematuro riconoscimento della loro indipendenza operato dalla Russia). Cfr. https://www.glistatigenerali.com/geopolitica_russia/cosa-ci-dice-il-diritto-internazionale-sullaggressione-russa-allucraina/ [7] Anche il potere esercitato sugli individui viene ricollegato alla disponibilità del territorio. Si è discusso e si discute circa la “natura giuridica” internazionale del territorio, affermandosi di trattarsi di un diritto reale dello Stato, simile alla proprietà, oppure quale ambito entro il quale si esplica la potestà di governo dello Stato che costituirebbe il vero oggetto del diritto di sovranità territoriale. [8] Cfr. R. Quadri, Cittadinanza, ad vocem, in Nov. Dig. It., III, Utet, Torino, 1959. Si veda anche E. Grosso, Le vie della cittadinanza, cit., p. 11, n. 21. [9] In ogni caso, la violazione della sovranità territoriale si ha solo se vi è presenza fisica e non autorizzata dell’organo straniero nel territorio. [10] Sul punto, https://www.eda.admin.ch/eda/it/dfae/politica-estera/diritto-internazionale-pubblico/diritto-internazionale-umanitario/convenzioni-ginevra.html [11] https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/1982/1362_1362_1362/it [12] Si pensi, a titolo esemplificativo, alla questione della Crimea, annessa dalla Russia nel 2014, con un espediente giuridico che a parere degli occidentali maschera un’aggressione. La violazione non è sanabile per decorso del tempo, ma solo con la retrocessione della Crimea all’Ucraina o comunque con una sistemazione implicante il consenso di quest’ultima. Gli occidentali continuano a disconoscere la sovranità russa sulla regione. Si aggiunga la controversia sullo stretto di Kerch che mette in comunicazione il Mare Nero con il Mare di Azov, qualificato come baia storica, soggetto alla completa sovranità dello stato costiero. La liceità dell’azione russa nei confronti delle navi militari ucraine (2018), che intendevano raggiungere il loro porto, è all’esame del Tribunale arbitrale costituito pressa la Corte Permanente di Arbitrato, ma difficilmente il Tribunale si pronuncerà sulla questione della sovranità sulla Crimea. [13] La regola si rinviene nel I Protocollo addizionale del 1977 alle Convenzioni di Ginevra, all’articolo 1 del paragrafo 4, e nel Patto sui diritti civili e politici del 1996, all’articolo 1. [14] https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2022/03/01/declaration-by-the-high-representative-on-behalf-of-the-eu-on-the-alignment-of-certain-countries-concerning-restrictive-measures-in-respect-of-actions-undermining-or-threatening-the-territorial-integrity-of-ukraine-329-202-2/

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